Vi siete mai chiesti perché gli elettrodomestici e gli oggetti elettronici smettono di funzionare dopo così poco tempo, costringendoci a rimpiazzarli ciclicamente?
La risposta sta in due parole: obsolescenza programmata.
Questi apparecchi hanno scritto nel loro DNA che devono avere vita breve – in modo da incentivare i consumi. Prodotti che “muoiono” dopo lo scadere del periodo di garanzia secondo uno studio tedesco condotto dal ricercatore Stefan Schridde su una ventina di oggetti elettronici ed elettrodomestici.
Questo il punto di partenza dell’indagine Spazzatura elettronica a cura del programma PresaDiretta, andata in onda martedì 6 febbraio alle 21:15 su Raitre.
In Italia, secondo l’ultimo rapporto pubblicato a gennaio del Comitato di vigilanza sui rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche in Italia (Raee), ognuno di noi ha prodotto in media 4,7 chilogrammi di spazzatura elettronica solo nel 2016. In tutto fanno 283.089 tonnellate: per farsi un’idea è una fila di 6.400 tir stracolmi di spazzatura.
A livello europeo si parla di oltre 10 milioni di tonnellate.
Un’analisi finanziata dall’Unione europea ha calcolato che la perdita dell’industria legale dello smaltimento di apparecchiature elettriche ed elettroniche (Raee) sia tra gli 800 e l’1,7 miliardi di euro all’anno.
Infatti, in Europa si può recuperare addirittura l’85 per cento di una lavatrice gettata.
Nel nostro paese dal 2007 si paga una tassa ogni volta che si acquista un elettrodomestico o un oggetto elettronico, in teoria destinata a sostenere il corretto smaltimento dei Raee all’interno di impianti di trattamento. In realtà solo il 35 per cento di questi finisce in questo circolo virtuoso mentre oltre il 60 per cento dei Raee entra in un circuito illegale che vede gli apparecchi attraversare terra e mare per raggiungere discariche abusive in paesi in via di sviluppo.
Tra queste c’è la discarica Agbogbloshie in Ghana, nei pressi della capitale Accra. Si tratta del più grande deposito illegale di rifiuti elettrici ed elettronici in Africa.
In questa distesa enorme, una vera propria città nella città, lavorano in condizioni infernali 70mila persone respirando nubi di diossina provocate dalla plastica bruciata per ricavare il rame e a contatto diretto con inquinanti e veleni come il cadmio, il piombo, il mercurio e i policlorobifenili (Pcb).
L’inquinamento ha ormai raggiunto il mare penetrando anche le falde acquifere del fiume Odaw.
E così dalle fabbriche agli scaffali, per passare poi dalle nostre mani (troppo brevemente) a quelle di chi rovista montagne di rifiuti per guadagnare qualche soldo, nel ciclo di vita degli oggetti elettrici ed elettronici qualcosa si è rotto.
In allegato i link per i servizio andato in onda:
Spazzatura Elettronica
La discarica di Agbogbloshie
Fonti:
lastampa.it
lifegate.it